Assium – Associazione Italiana Utility Manager

La Guerra tra Russia e Ucraina, le sanzioni europee e gli aumenti dei costi energetici. Cosa fa un Utility Manager Certificato. [Intervista a Davide Bussini per Assium]

In questo articolo, riportiamo l’intervista a Davide Bussini, coordinatore del tavolo di lavoro Uni e membro del Consiglio direttivo di Assium. Parleremo di come si compone il prezzo nelle bollette di gas e luce, delle conseguenze del conflitto, delle soluzioni per ridurre la dipendenza dei fornitori russi e infine del  ruolo dell’utility manager in una situazione di crisi come quella attuale. 

 

Il 24 febbraio 2022 l’invasione dell’Ucraina da parte delle milizie russe ha dato vita a quello che molti opinionisti stanno già definendo  la terza guerra mondiale. Se non per via degli schieramenti, non pubblicamente dichiarati da nessuna delle nazioni, di certo per via degli effetti che tale conflitto sta generando in tutti i mercati mondiali. 

Tutti i settori, da quello umanitario a quello prettamente economico, stanno registrando repentini cambiamenti e bruschi rialzi dei prezzi che impattano direttamente su aziende e famiglie.

Dunque, la discussione sul carobolletta –  di cui ci occupiamo anche noi dal mese di ottobre 2021 – è diventata una vera e propria questione sociale, argomento che ogni governo europeo sta affrontando in relazione alla dipendenza energetica di ogni paese –  Italia compresa – dalle forniture di gas e di petrolio che arrivano dalla Russia

Per comprendere meglio la natura e la consistenza dell’impatto della guerra sulla nostra quotidianità, abbiamo avuto il piacere di parlare con Davide Bussini, coordinatore tavolo di lavoro Uni e membro del Consiglio direttivo di Assium, che assieme al suo team,  risponde quotidianamente alle domande delle aziende e dei soci Assium, preoccupati delle previsioni sugli aumenti.  

Abbiamo cercato di capire con lui come e perché questa guerra influirà sui nostri consumi e sulla nostra economia. 

 

Innanzitutto ci potresti spiegare come si compone il prezzo del gas e/o dell’energia nelle nostre bollette?

La bolletta dei consumatori italiani, è composta da tante voci che contribuiscono a definire il prezzo totale. Nel mercato di tutela, queste voci, sono fissate trimestralmente dall’autorità, ma nel mercato libero la spesa per la materia “energia” può variare in base alle condizioni economiche proposte dai fornitori. Il prezzo finale visualizzato sulla bolletta del gas è costituito da diversi elementi, alcuni sono legati al fornitore scelto, mentre altri sono relativi agli standard definiti dall’ARERA. Scendendo nel dettaglio, il prezzo finale sulla nostra bolletta è composto da:

  • La spesa per la materia gas naturale, a sua volta costituita dalle componenti di approvvigionamento gas naturale nei mercati all’ingrosso:
  • Componente costo materia prima gas (CMEM);
  • Componente della copertura rischi commerciali (CCR);
  • Componente di commercializzazione al dettaglio (QVD);
  • Componenti degli oneri di gradualità (GRAD);
  • Componente degli oneri di rinegoziazione (CPR).

 

Quando parliamo di bolletta dell’energia elettrica invece il prezzo finale è composto dalla somma di diverse componenti di spesa, i cui valori sono fissati trimestralmente dall’Autorità competente. Solo la spesa per la materia energia nel mercato libero può variare in base alle condizioni economiche proposte dai fornitori. Il corrispettivo totale da pagare si compone delle seguenti quote: 

  • Spesa per la materia energia;
  • Spesa per il trasporto e la gestione del contatore;
  • Spera per gli oneri di sistema;
  • Imposte Statali.

In questo contesto di instabilità, potete immaginare quanto siano sotto pressione i fornitori. 

 

Quali sono le ripercussioni della guerra tra Russia e Ucraina per il mercato e per l’Italia in particolare?

Questa è una domanda sulla quale ci stiamo tutti interrogando: stiamo cercando di fare previsioni di budget consigliando e supportando i nostri soci, sia imprenditori che privati e professionisti. Indubbiamente, l’invasione dell’Ucraina portata avanti dall’esercito russo e le sanzioni economiche che i Paesi occidentali stanno adottando in risposta all’azione militare decisa da Putin, possono avere conseguenze economiche e sociali particolarmente rilevanti. Lo stanno già facendo in verità. 

Centrale, in questo contesto, è il legame che Russia ed Europa hanno sul fronte energetico: infrastrutture di gas corrono dalla Siberia fino al cuore dell’Europa; una considerevole parte della produzione russa di petrolio alimenta i nostri trasporti e partecipazioni industriali e finanziarie legano gli operatori energetici dei nostri paesi. 

Per questo motivo, nonostante la tensione crescente, entrambi gli schieramenti esitano ad agire in maniera decisa nell’ambito energetico, soprattutto sul gas. Pur confidando in una rapida fine del conflitto e in una duratura soluzione diplomatica, non possiamo escludere che l’espulsione della Russia dallo SWIFT o un peggiorare degli eventi bellici possano portare a una riduzione, anche totale, del flusso di gas russo verso l’Europa (oltre a ritorsioni russe, non si possono escludere esplosioni o rotture dei gasdotti). E questo sarebbe un bel guaio se pensi che le forniture russe rappresentano, in media, il 40% dei nostri consumi. La situazione degli stoccaggi è di circa 2 miliardi di riserve disponibili commerciali e 4,6 miliardi di riserve strategiche.

Se ipotizzassimo un’ interruzione a partire da fine marzo, il flusso mensile dell’offerta gas potrebbe evolvere sotto le seguenti condizioni:

  • Massimizzazione dell’import dall’Algeria e dalla Libia;
  • Azzeramento dell’import da Nord Europa in vista di meccanismi di solidarietà europei (in tutta Europa ci sarebbe la necessità di sostituire circa 200 miliardi di metri cubi di gas russo);
  • Massimizzazione dell’import di GNL;
  • Mantenimento dei flussi dall’Azerbaijan (ulteriori flussi sarebbero difficili vista la necessità di rifornire anche i Paesi dei Balcani e la Grecia;
  • Lieve incremento della produzione nazionale verso la fine dell’anno.

 

In definitiva, nei prossimi tredici mesi, l’Italia potrebbe disporre di circa 54,8 miliardi di metri cubi di gas, ovvero una quantità vicina al 75% della domanda del 2021 e del 77% della domanda del 2019. A questo, si possono aggiungere le riserve ancora presenti e quelle strategiche (solo una parte può essere tuttavia movimentata per non danneggiare i siti di stoccaggio), pari a circa 4 miliardi. Ci sarebbero circa 16-18 miliardi di metri cubi in meno rispetto a un anno normale. 

 

L’aumento delle forniture da Qatar e Algeria, il gas liquido degli americani, l’aumento delle energie rinnovabili, quali sono le soluzioni più accessibili per l’Italia?

Se l’obiettivo è diversificare le fonti di approvvigionamento, il Qatar può avere un ruolo cruciale: terzo produttore di gas naturale al mondo (oltre 177 miliardi di metri cubi all’anno), per l’Italia è al momento il terzo esportatore di gas naturale dopo appunto la Russia e l’Algeria e il primo di gas naturale liquefatto, per una fornitura di 6,9 miliardi di metri cubi l’anno pari a quasi il 10% del totale delle importazioni, contro il 40% del gas russo.

Per ridurre gli acquisti dalla Russia, l’Italia lavorerà per aumentare le importazioni di gas liquefatto via nave (gli Stati Uniti; un altro fornitore già consultato è il Qatar stesso) e di gas via tubature.  In quest’ultimo caso, l’Azerbaigian (l’infrastruttura di riferimento è il TAP), l’Algeria (via TransMed) e la Libia (via GreenStream). Di questi paesi, quello ad oggi più rilevante è l’Algeria. Nel 2020 (sono gli ultimi dati diffusi dal ministero della Transizione ecologica) ha rappresentato poco meno del 23% del totale delle importazioni italiane di gas, preceduta solamente dalla Russia con il 43,3%.

Ma, al di là dei numeri, l’Algeria ha due problemi: uno è l’instabilità politica interna, che potrebbe paralizzare le forniture (come già succede in Libia, peraltro); l’altra è la crescente domanda nazionale di gas (prima della pandemia, l’aumento medio annuo dal 2010 al 2019 è stato superiore al 6 per cento), che ne riduce le quantità destinabili all’esportazione.

La strategia energetica italiana, visto l’inasprimento delle tensioni con la Russia, deve puntare adesso sulla diversificazione, sia dei fornitori che delle fonti di energia. Lato politico è stata data massima apertura ai rigassificatori, cioè gli impianti che permettono di riportare in forma gassosa il gas liquefatto e di distribuirlo nella rete. Penso che aumentare capacità di rigassificazione sia importante per differenziare l’importazione dalla Russia.

Sul fronte rinnovabili invece, se entro giugno 2022 riuscissimo a far autorizzare 60 gigawatt di nuovi impianti rinnovabili, nel breve riusciremmo a risparmiare 15 miliardi di metri cubi di consumo di gas.

Come riportato da ARERA, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, attualmente l’Italia dispone di una potenza efficiente lorda da impianti rinnovabili pari a 56,6 gigawatt (di questi, circa 32 sono riconducibili all’eolico e al fotovoltaico). In media, l’Italia installa meno di 1 gigawatt di capacità rinnovabile all’anno.

 

Qual è e quale sarà il ruolo degli utility manager in questo scenario?

In un contesto così complesso dove i mercati energetici subiscono variazioni costanti, è diventato molto complesso per un imprenditore gestire in autonomia le proprie forniture. In queste settimane di crisi abbiamo ascoltato e affrontato le preoccupazioni dei nostri associati: molte pmi si trovano a rivedere le previsioni di budget per il 2022: secondo gli ultimi dati, gli aumenti possono arrivare a +250% y/y. Mai come in questo momento, avere un professionista preparato può fare la differenza. 

L’Utility Manager certificato, è proprio la figura professionale che ha gli strumenti per affrontare questa situazione. Riconosciuto secondo norma UNI 11782 del 2020 grazie alla sua professionalità, al senso etico e alle profonde conoscenze e relazioni, è la guida a tutti gli effetti per l’imprenditore. Lo accompagna in un percorso di ottimizzazione dei costi che non passa solo dalla scelta del fornitore energetico o del prezzo della materia prima (ora nello specifico quasi secondario) ma anche dalla sensibilizzazione sul tema Green. Oggi più che mai arrivare all’efficienza per un’azienda deve essere una priorità e l’Utility Manager sarà la fonte da cui attingere per raggiungere l’obiettivo. 

 

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